Un viaggio di lavoro in apparenza bellissimo può rivelarsi tale solo sulla carta, ma permette di crescere e guardare il mondo con occhi diversi. E cambiare prospettiva.
È quello che è successo a me in occasione di un viaggio di lavoro in cui mi sono recata con Annalisa a Milano per assistere all’anteprima del film Io corro da te, in rappresentanza di IO CI VADO: associazione di promozione sociale con cui collaboro realizzando contenuti multimediali, e non solo.
Il viaggio si è prospettato “bellissimo” fino a quando c’è stato bisogno di organizzarlo e affrontarlo. Sì, perché Annalisa si muove su sedia a ruote a ruote e per la prima volta ho provato da vicino le difficoltà nell’affrontare un viaggio che hanno le persone con disabilità motoria in carrozzina. Per le persone con disabilità, però, gli ostacoli non si limitano solo al viaggio in sé, ma cominciano già prima.
Ho deciso di raccogliere dettagli e impressioni di questa esperienza, a tratti gratificante e a tratti amara, in una sorta di diario di bordo, spiegando cosa deve affrontare una persona con disabilità quando fa un viaggio.
Organizzazione del viaggio
Abbiamo scelto, vista la lunghezza del viaggio (e non solo), di recarci a Milano in treno. Scopro che, in queste particolari situazioni, la prenotazione del biglietto richiede l’approvazione dalla stazione per permettere al viaggiatore di essere assistito da due persone per la partenza e l’arrivo. Spesso, infatti, i treni non sono bassi o, nel caso lo fossero, non sono dotati di una piccola pedana per poter permettere alle persone in carrozzina di entrare in autonomia sul treno: bisogna perciò ricorrere ad uno speciale mezzo per aiutarle su questo.
Oltretutto, nello specifico, dopo anni dalla sua costruzione l’ascensore della stazione ferroviaria di Udine non è funzionante e si deve ricorrere all’attraversamento dei binari (c’è una pedana per poterli oltrepassare) per raggiungere la propria banchina. Oltre al fatto che l’ascensore, che è all’interno della stazione, è posizionato all’estremità est, perciò risulta molto scomodo per tutti. Solitamente, infatti, gli ascensori si trovano al centro in modo che per le persone sia minore la distanza media da percorrere per raggiungere il treno/ascensore.
Viaggiare in autonomia è quindi impossibile. Di conseguenza, è molto difficile anche la gestione degli orari, che diventano molto vincolanti dato che di treni con queste possibilità e senza troppi cambi ce ne sono pochissimi al giorno. Nel nostro caso specifico, erano tre. Per chi ha una disabilità, fare un viaggio può essere un’odissea.
Viaggio in treno Udine-Milano
Dopo la fatica dell’organizzazione, affrontiamo il viaggio di lavoro a Milano in quasi serenità: dopo una partenza decisamente mattiniera alle 6, devo lavorare sul computer dal treno… ma il posto assegnatomi con Annalisa è sprovvisto di qualsiasi tipologia di appoggio. Mi chiedo come mai, visto che anche una persona in carrozzina potrebbe avere le mie stesse esigenze e visto che le soluzioni per avere un piano usufruibile per tutti sono tante. Inoltre, i posti riservati sono in Business Class, perciò, teoricamente, hanno uno standard alto di servizio. Un altro mistero dell’accessibilità e dell’inclusione.
Arrivo a Milano e viaggio verso l’hotel
Arrivate a Milano, ci avviamo a piedi verso l’hotel su Corso Buenos Aires: 15 minuti da incubo. I marciapiedi, pressoché inesistenti e inagibili quasi pure per me che non ho difficoltà motorie, sono pieni di buche e molto stretti. Le loro salite e discese sono impraticabili per una persona in carrozzina non accompagnata! Sono alte e spesso ripide, con un piccolo gradino (come purtroppo si vede spesso ovunque), per cui è per forza necessario l’aiuto di una persona esterna. Pensavamo di poterci fare una piccola passeggiata, invece…
15 minuti che sono diventati praticamente 30 ed una fatica incommentabile. La situazione è surreale: le persone parcheggiano in prossimità dell’attraversamento pedonale e io devo portare sia la mia valigia che quella di Annalisa. Ogni volta che devo aiutarla quando siamo alle prese con i marciapiedi, devo lasciare le valigie da qualche parte, con il timore che possano sparire o di non essere abbastanza veloce per passare poi al semaforo.
Arrivo in hotel a Milano
Stanche morte, arriviamo finalmente in hotel! Ci consegnano la chiave della camera, prendiamo l’ascensore, arriviamo al nostro piano e… moquette! Ci ritroviamo alle prese con una moquette piuttosto spessa e morbida, per cui vi lascio solo immaginare la fatica di Annalisa nel percorrerla. Come se non bastasse, per entrare nella nostra camera dobbiamo aprire due porte a distanza di 1 metro. Se lei fosse stata da sola, fare tutto questo passaggio sarebbe stata per lei un’impresa titanica.
Entriamo in camera e tutto sommato sembra accessibile: bagno molto ampio e adatto per chi è in carrozzina come Annalisa, e, finalmente, pure di gusto e design. In realtà, come ci insegna il design for all, non è così difficile realizzarne uno con gli accorgimenti di cui hanno necessità alcune persone, senza farlo sembrare una camera d’ospedale. Inoltre, un bagno di questo tipo può essere utilizzato da chiunque senza per forza riservare la camera a persone con determinate necessità. Questione letto: accessibile solo sul lato destro. Dall’altra parte, dove c’è un piccolo balconcino/finestrone, il passaggio tra la parete e i piedi del letto è troppo stretta e quindi la sedia a ruote non ci passa.
Viaggio e disabilità: visitare in carrozzina il centro di Milano
Dopo pranzo, facciamo un giro per il centro di Milano: decidiamo di andarci a piedi per fare una passeggiata, sapendo che la durata del tragitto è di circa 30 minuti. Ci ritroviamo con lo stesso problema di prima con il sali e scendi dal marciapiede, ma nella zona del centro città, per fortuna, la situazione è totalmente diversa, per cui ci godiamo serenamente il giro in centro.
E voi vi starete chiedendo: come mai non avete preso un mezzo? Direi che è un’ottima domanda!
Praticamente tutte le stazioni metro e le rispettive fermate, tranne quelle in zona Duomo, sono sprovviste di ascensore per potervi accedere: avremmo dovuto fare tanti cambi e con diversi mezzi. A quel punto era meno faticoso, in qualche modo, arrivare in centro a piedi!
Prima dell’evento
Ci siamo, è sera e ci prepariamo per l’evento per cui siamo venute fin qui: la Prima Nazionale del film Corro da Te, con Miriam Leone e Pierfrancesco Favino. Siamo state invitate da PEBA Onlus a rappresentare IO CI VADO per questa importante e piacevole occasione.
La serata, però, parte male nel momento in cui facciamo chiamare dall’hotel un taxi. Già nel pomeriggio, tra l’altro, ci avevano detto che non era un problema trovarne uno adeguato: sarebbe stato sufficiente presentarsi in reception 10 minuti prima dell’orario di partenza previsto. Arriva un taxi qualsiasi, non accessibile. Faccio una fatica disumana per poter aiutare Annalisa a salire, per fortuna l’autista è stato infinitamente gentile e disponibile ad aiutarci.
Direte voi: “Ci mancherebbe”. In realtà non è proprio così scontato.
Un esempio pratico della difficoltà dell’accesso al taxi: la porta posteriore dell’auto non si apre abbastanza per permettere ad Annalisa di avvicinarsi con sufficienza con la carrozzina per poi potersi spostare sul sedile. Proviamo perciò davanti e fortunatamente ce la facciamo, cosa comunque non facile perché ha bisogno di aiuto, soprattutto per scendere e io da sola non avrei mai avuto sufficiente forza.
Evento di presentazione di “Corro da te”
Arriviamo in sala. Sono spiacevolmente colpita dalla situazione che mi trovo davanti.
La sala è molto accessibile: per raggiungere le sedute c’è una lunga rampa affatto ripida ed un’altra sorta di corridoio che la divide a metà. Oltre a questo, è circondata da un grande corridoio molto largo.
Voi direte, beh bene! Dove sta allora il problema?
A rappresentare le associazioni, oltre a noi, ci sono altre 3 persone in carrozzina e siamo stati posizionati in questo anello che circonda la sala con una visibilità decisamente scarsa. La cosa che però mi sconcerta e fa rimanere più male è il fatto che io possa andare a sedermi in platea lasciando Annalisa lì da sola. Anche se, inizialmente, ero stata invitata a sedermi in una sorta di panca di marmo all’estremo di questo anello per stare a fianco a lei: qui però, come dicevo, vedevo sì e no metà schermo della sala. Onestamente, continuo a non comprendere questa scelta, quando le persone in sedia a ruote si sarebbero potute tranquillamente mettere nel corridoio ampio descritto prima che divide la sala.
Alla fine decido di sedermi in ultima fila, in modo che Annalisa possa stare dietro di me e poter vedere lo schermo, così da poterci godere il film insieme.
Cinema e disabilità: il film “Corro da te”
E questo film? Personalmente mi è piaciuto molto.
Ad essere onesta, ero un po’ scettica all’inizio, ma, in realtà, poi l’ho trovato godibile e divertente. Una classica risata creata dagli stereotipi che circondano il protagonista, ma che portano poi ad una grande riflessione.
Senza nulla togliere a Miriam Leone, molto brava nell’interpretare il ruolo della protagonista in carrozzina, non mi è sembrato appropriato il fatto che questo ruolo sia stato assegnato ad un’attrice che nella vita reale non ha problemi motori, anziché ad una persona che già si muove sulla sedia a ruote e che conosce in prima persona il mondo della disabilità motoria così come tutte le sue sfaccettature.
Credo che sia arrivato il momento in campo artistico di dare la possibilità anche a chi ha delle forme di disabilità di fare il mestiere dell’attore e dell’attrice. Perché non si offre una preparazione artistica di questo tipo anche a chi ha una disabilità? Perché non si mettono queste persone nella condizione di poterlo fare, almeno nei ruoli che li riguardano?
Detto ciò, è un film la cui storia mi è piaciuta, seppur sia tratto da una già esistente produzione francese, e ne consiglio la visione!
Approfitto per ringraziare l’attore Pierfrancesco Favino per la sua disponibilità e gentilezza unica nei nostri confronti: fossero tutti come lui, il mondo sarebbe migliore.
Rientro in hotel e partenza da Milano
Finito il film, rientriamo in hotel prendendo un taxi e si ripete la stessa situazione di prima. Come all’andata, possiamo confidare su un autista disponibile.
Viaggio e disabilità: un’esperienza un po’ amara
Ripartiamo il giorno dopo verso casa. Durante il viaggio non posso far altro che pensare a quelle persone così gentili e disponibili che ci hanno aiutato durante questa due giorni milanese: a chi ci ha aspettato alla partenza e all’arrivo in stazione, ai tassisti che hanno fatto il possibile per aiutarci e renderci il viaggio più comodo possibile.
C’è un’altra cosa a cui, però, non riesco a smettere di pensare e che è rimasta veramente impressa: le persone, mentre camminavamo su marciapiedi stretti e
salite e discese varie non ci hanno degnato di uno sguardo e non ci hanno minimamente offerto il loro aiuto quando ci hanno visto in difficoltà, anzi. Quando dovevamo passare non si fermavano assolutamente e, pur di andare avanti, praticamente “ci passavano sopra” ed eravamo perciò noi costrette a fermarci. Non si chiede pietismo, ma semplice rispetto.
Perché tutta questa frenesia e così poca… empatia?
Per chi fa un viaggio e ha una disabilità motoria, le cose non sono davvero facili.
E così rientro a casa, un po’ più consapevole, un po’ più amareggiata: perché non possiamo viaggiare tutti senza così tanti pensieri?
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